Che cosa si intende per Attività Fisica

A questo punto va fatta una considerazione: che cosa si intende per  “attività fisica”?
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per attività fisica si intende “qualunque sforzo esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un consumo di energia superiore a quello in condizioni di riposo”. In questa definizione rientrano quindi non solo le attività sportive ma anche semplici movimenti quotidiani come camminare, andare in bicicletta, ballare, giocare, fare giardinaggio e lavori domestici.[12]



“Attività fisica”, quindi non va confusa con “attività sportiva”.

L’ingresso nel “mondo sportivo” (che comprende lo sport agonistico e quello non-agonistico) è (o quanto meno,  dovrebbe) essere sancito alla visita di idoneità sportiva.
L’indagine presentata nel settembre del 2015, dalla FMSI (FEDERAZIONE MEDICO SPORTIVA ITALIANA-Federazione medica del CONI), in occasione della visita di idoneità sportiva  ha rilevato  23mila sportivi in Italia.
“La valutazione e certificazione di idoneità sportiva rappresentano il primo e unico screening, in chiave di prevenzione della salute, della nostra popolazione essendo venuta meno la visita scolastica e quella di leva” afferma Maurizio Casasco, Presidente FMSI.
 “Oltre 3600 atleti, sui 23mila analizzati (cioè il 16 percento), hanno riscontrato un ECG anomalo durante la valutazione e certificazione di idoneità sportiva: da piccole alterazioni fino alla morte cardiaca improvvisa”. [13]
E dopo?

Nell’esperienza di medico dello sport e medico sociale di squadre di calcio, ginnastica artistica e di triathlon, vengono sempre più valutati problemi legati ad un “eccesso” di attività: molti soggetti che praticano attività sportiva, soprattutto agonistica, la svolgono in modo sconsiderato, senza tenere conto degli adeguati periodi di riposo e recupero, dei carichi di lavoro che devono essere consoni all’età dell’atleta. Spesso vengono svolti allenamenti suggeriti da tabelle generiche che non tengono conto delle caratteristiche fisiche e psicologiche individuali e a volte senza un adeguato apporto alimentare.
Il fattore principale è l’elevato livello di endorfine prodotte durante l’attività sportiva, che determinano uno stato di benessere da cui spesso si diventa dipendenti; a seguire una mal informazione e l’auto gestione del proprio allenamento.
Possiamo quindi definire gli atleti dei “malati cronici”?
Le patologie “croniche” che più frequentemente si riscontrano negli atleti sono quelle a carico del sistema oste-articolare e muscolare, sia scheletrico che cardiaco.
Per quanto riguarda l’apparato osteo-articolare molto frequenti sono le fratture da stress (riscontrate maggiormente in runners e triathleti), qualche volta su base osteoporotica soprattutto nelle donne, che possono lasciare sequele (dolore) anche dopo la guarigione,  le tendinopatie che tendono a cronicizzarsi, la fascite plantare, le lesioni muscolari che evolvono in cicatrici fibrotiche.
Per quanto riguarda il muscolo cardiaco una sconsiderata e non controllata attività sportiva può portare a miocardiopatie ipertrofiche e dilatative. Le miocardiopatie ipertrofiche possono non essere più considerate il vero “cuore da atleta” ma diventare delle ipertrofie francamente patologiche, accompagnate da aritmie, in atleti di qualsiasi età.
Non infrequenti negli atleti sono i problemi respiratori cronici, soprattutto legati ad allergie.

Bibliografia:

[12] OMS


[13] Progetto Filtro Sanitario, presentato nella sede del CONI Lombardia al convegno “Sport e salute: l’eccellenza in medicina dello sport” – 18 sett 2015.






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